S. Petronilla – M. Censo – Cuca Chetòi – Cima Valcaelli – Forte di Cima Ora – Cima Breda – Ex Portico di Montesuello
Tempi di percorrenza : ore 6,10 (5,30 escluse le digressioni per Cima Valcaelli e Forte dell’Ora)
Dislivello in salita : 1450 m (1280 escluse le digressioni per Cima Valcaelli e Forte dell’Ora)
Difficoltà : EE
Segnaletica : da S. Petronilla all’ex Portico di Montesuello, strisce bianco–rosse del Sentiero Baremone n° 1 (e segnavia CAI 433-432-405)
Come arrivare alla
partenza : l’escursione ha inizio dalla chiesetta di S. Petronilla che raggiungiamo in un paio di chilometri da Anfo lasciando la statale 237 del Càffaro poco a Nord del paese per deviare sulla strada del Baremone. Adiacente al tornante nei pressi della chiesa c’è un piccolo spiazzo dove si può parcheggiare e dove è facilmente individuabile l'inizio dell'itinerario.
Lunga ed impegnativa escursione sia per quanto riguarda lo sviluppo chilometrico che il dislivello; il percorso si sviluppa quasi costantemente sulla cresta prospiciente lo specchio lacustre e si allontana sensibilmente solo per contornare la rientranza verso l’entroterra della Val di Brele selvaggia ed incontaminata.
Inevitabile l’uso dei superlativi per descrivere la magnificenza dei panorami e dei momenti altamente suggestivi lungo tutto l’itinerario il quale presenta l’unico inconveniente al momento del rientro; è infatti necessario portare una macchina all’ex Portico di Montesuello (oppure a S. Petronilla nel caso si decidesse di compiere la traversata in senso Nord-Sud risparmiando oltretutto circa 100 metri di dislivello) da recuperare a fine escursione; al Portico di M. Suello c’è una fermata d’autobus (piuttosto rari) della linea Bagolino-Brescia che potrebbe trasferirci ad Anfo e da lì, a piedi, a S. Petronilla.
Un’alternativa, che esclude la porzione S. Petronilla-Forte di Cima Ora e il recupero dell’auto, consiste nell’effettuare andata e ritorno con partenza dal Portico di Montesuello prefiggendoci come meta la Cima Breda o, a seconda della preparazione individuale, il Forte di Cima Ora.
Sconsigliamo di intraprendere la gita nei periodi invernali in quanto il settore sommitale, superando i 1500 metri e con consistenti passaggi rivolti a settentrione, può presentare accumuli di neve fino a tutto Aprile che possono creare difficoltà soprattutto nei tratti in cresta.
La prima parte dell’ascesa fino a Cuca Chetòi è in comune con l’itinerario 9 al M. Censo che riportiamo: il marcato sentiero, fra roverelle, càrpini ed ornielli, si alza abbastanza ripidamente con una numerosa serie di tornanti pervenendo ad un affilato sperone (730 m, ore 0,40) che scavalchiamo affacciandoci alla Valle Fontana Fredda e alla valle percorsa dal Torrente Re, sbarrata in alto dalle dentellate Corne di Meghé; un breve tratto pianeggiante ci porta in una valletta a bacìo, rimontata la quale rivalichiamo la dorsale riportandoci sul versante a lago.
Dopo un lungo traverso con interessanti colpi d'occhio su Anfo ed il basso lago, siamo ad un crestone dal quale, con una breve deviazione a destra, raggiungiamo un poggio per vedere sotto di noi la Rocca d'Anfo con le sue articolate fortificazioni; di origine veneziana e successivamente modificata in varie epoche, è stata operativa fino agli anni '50, allo scopo di presidiare la valle (per un approfondimento segnaliamo il libro di Giuseppe Calabria “Rocca d’Anfo” patrocinato dal Gruppo Sentieri Attrezzati Idro).
Dopo un paio di curve, oltrepassiamo una sella che interrompe il costone meridionale del Censo lungo il quale ci inerpichiamo fino ad un bivio; lasciato a sinistra il sentiero per la Cuca Chetòi, che seguiremo al ritorno, ci alziamo sul percorso di destra che passa vicino al nuovo bivacco sempre aperto, eretto sui ruderi di un casottino per volontà di appassionati locali; la costruzione anticipa di poco la grande croce metallica posta sull'anticima, separata dalla spianatina sommitale da una facile cresta (1012 m, ore 0,30-1,10).
La posizione geografica giustifica l’importanza strategica di questa cima; ne danno testimonianza i vari manufatti bellici e la citata Rocca d’Anfo. Dalla cima ci è infatti consentito di godere della vista sulla quasi totalità del lago col vasto Pian d'Oneda, Bondone, i villaggi di Vesta e Vantone, le frazioni Crone e Lemprato, Anfo; da sud-ovest verso nord, il Monte Paghera, la Corna Zeno, la Cima Meghé, il Forte dell'Ora, la Cima Breda che degrada con la lunga cresta verso il Monte Suello, prosecuzione della lunga escursione; più lontano emerge il tozzo Monte Carena che sovrasta Bagolino e che continua con la lunga dorsale del Monte Telegrafo-Cornelle-Brealone; sulla sponda opposta del lago, da nord a sud, la Cima Spessa, i monti Cingla, Stino e Manòs.
Ridiscendere al bivio incontrato poco prima della cima e, seguendo a destra il segnavia 433 per FORTE DI CIMA ORA-BAREMONE, ci caliamo lungo le pendici occidentali della montagna effettuando una lunga traversata (attenzione nei periodi di attività venatoria allorchè transitiamo nei pressi di una postazione di caccia); passiamo poco sotto la Cima Cereto Chetòi, quindi sbuchiamo sulla strada di Baremone nei pressi della Cuca Chetòi che rimane poco sopra (895 m, ore 0,20-1,30).
Risaliamo per una cinquantina di metri la carrozzabile che abbandoniamo per montare bruscamente su una traccia, sostenuta dal muro stradale di contenimento, facilmente individuabile per la presenza di un paletto con l’indicazione per “Forte di Cima Ora”.
Guadagniamo in breve il culmine della dorsale che digrada verso Sud da Cima Valcaelli; la rimontiamo mantenendoci principalmente in cresta alternando tratti erbosi a basse roccette affioranti tra le quali sono evidenti numerose porzioni di trincee e balconi panoramici naturali che costituirono, in tempo di guerra, punti di osservazione per le vedette.
Transitiamo nei pressi di una croce metallica posta su uno spalto roccioso poco discosto dal tracciato e proteso verso il lago; il punto panoramico precede di poco la Capanna Gatolé, un grazioso rifugio, riattato dagli Alpini di Anfo e sempre aperto, raggiungibile con una brevissima deviazione dal sentiero (1250 m, ore 1-2,30).
E’ d’obbligo portarci all’estremità orientale del pianoro (segnalazione) su due aerei osservatori che offrono, tra l’altro, un’inedita veduta di una lunga porzione della Val Giudicarie inferiore a cui fa da sfondo il Gruppo di Brenta.
Ritorniamo sul sentiero principale e, pressoché in piano, contorniamo un dosso superato il quale siamo ad un bivio individuabile per la presenza di un vecchio paletto con l’indicazione per la Cima Valcaelli.
ESTENSIONE
La variante, che si ricollega in seguito alla via normale, considera la salita alla Cima Valcaelli e richiede una modesta dilatazione dei tempi (15 minuti e circa 120 metri di dislivello in più). Abbandonata l’invitante mulattiera che continua pianeggiante, ci inerpichiamo a destra su deboli tracce ma ben evidenziate da qualche paletto infisso nel terreno e dai segnavia biancorossi che sarà bene non perdere di vista; con strette e ripide curve rimontiamo il crinale impervio finché, in vista della bianca croce di vetta, presteremo attenzione a deviare verso destra (segnavia) onde evitare un insidioso scivolo erboso che traversa orizzontale. Pochi metri sull’affilata cresta piuttosto esposta ci dividono dalla croce di Cima Valcaelli (1374 m, ore 0,20-2,50); citiamo gli elementi principali che compongono lo straordinario scenario: ai nostri piedi sprofonda il selvaggio Bréle il cui versante occidentale culmina con le elevazioni del Forte dell’Ora, un’elevazione secondaria quotata 1506 m e la Cima Breda; ci colpiscono gli impervi declivi costellati da innumerevoli guglie e pinnacoli denominati Coste dell’Agré; il Pian d’Onéda posto allo sbocco della Val Giudicarie inferiore che poi continua lungamente, le Dolomiti di Brenta sullo sfondo. Subito a destra, il M. Cadria, più vicina la Corna Pagana, poi di nuovo i monti della Val Concèi con la dorsale Tofino-Pichea-Bocca di Trat-Cima Parì; la Cima Spessa, i monti Tombèa e Caplone, il Cingla, il Baldo sullo sfondo, lo Stino, il Càrzen, il Manòs, il Pizzocolo, lo Zingla e lo Spino; in primo piano, il Censo e spicchi del lago. Siamo volti verso Sud, verso le ultimi propaggini delle prealpi bresciane e riconosciamo la lunga dorsale del Sonclino e la Maddalena; molto più vicine la Corna Zeno e le Corne di Meghé oltre le quali spunta la Corna Blacca.
Per proseguire occorre individuare i segni biancorossi che ci indirizzano in discesa sul versante Sud (a sinistra) per pochi metri per ritrovare una traccia più consistente da seguire verso destra; più avanti ci si cala per un breve tratto sul versante di Bréle quindi si ritorna in cresta immersi in ambiente davvero suggestivo ove un imponente bastione roccioso sembra sbarrarci il cammino. Ci troviamo in una marcata insellatura dalla quale sprofonda un canale caratterizzato da un poderoso gendarme di roccia; in fondo alla valle s’intravedono i tetti della cascina Fontana Fredda; aggiriamo la parete scendendo di nuovo a destra sul versante Nord dove alcuni tratti molto ripidi ed esposti richiedono attenzione, in particolar modo in occasione di terreno bagnato; riemergiamo sulla cresta erbosa in prossimità di un paletto di segnalazione interrato, quindi scolliniamo e la vista si allarga sulla Val Fontana Fredda. Discesi pochi metri sul versante opposto (Sud), alla nostra destra e poco discosta dal sentiero, scopriamo una galleria di guerra la cui apertura è parzialmente ostruita da materiale ma comunque visitabile; essa buca da parte a parte l’esile sperone permettendo di affacciarci ad una finestra sulla Val di Bréle.
Il sentiero, stante il fondo erboso, si riduce ad una flebile traccia e discende con numerose curve ottimamente evidenziate da provvidenziali paletti colorati che ci consentono di approdare senza problemi su un tornante della strada del Baremone (1270 m, ore 0,10-3,00).
Per evitare la digressione, procediamo sulla larga mulattiera che, con lievi saliscendi, si innesta sul tornante della strada di Baremone ove sbocca anche il sentiero sopradescritto che scende da Cima Valcaelli; fra le varie segnalazioni ci interessa la scritta “Forte di Cima Ora” riportata sulla freccia ove compare anche il segnavia 433.
Camminiamo per circa 500 metri sull’asfalto fino alla ripartenza del Sentiero Baremone di cui notiamo l’originaria tabella di legno riportante le varie tappe da qui al Monte Suello (ex portico); ci alziamo dunque a destra sulla larga traccia che comodamente compie un paio di lunghi tornanti, transita poco sotto una casetta di legno prima di giungere ad un’altra biforcazione; la nostra direzione è sempre verso il Forte di Cima Ora, segn. 433, dunque svoltiamo a destra.
Con pendenza più accentuata e curve più ravvicinate, si guadagna quota, si sfiora una postazione militare e si perviene ad una boscosa selletta adiacente anch’essa ad un formidabile punto d’osservazione; si valica il piccolo valico e si cammina per pochi passi in falsopiano nel bosco fino a sfiorare la sterrata che a sinistra proviene dal Passo del Maré. Le indicazioni mostrano che il segnavia 433 muta in 432 sovrapponendosi all’Alta Via del Càffaro della quale percorreremo una porzione; sul segnavia 432, che per un tratto corre parallelamente alla stradina, oltrepassiamo un altro paletto quindi, di nuovo in ambiente aperto, siamo alla deviazione per il Forte (1480 m, ore 0,40-3,40); a questo punto si dovrà far ritorno per continuare l’escursione (ovviamente chi preferirà ignorare la digressione al Forte tirerà dritto).
Giriamo a sinistra e, aggirato il costone, ci immettiamo su un viottolo sassoso che va seguito a destra; si sfiora subito una prima casermetta poi, dopo lunghi traversi e transitati dall’ex posto di guardia, compaiono le muraglie del Forte di Cima Ora del quale ci portiamo sulla sommità (1548 m) per mezzo di alcuni scalini.
La fortificazione venne costruita nel 1913 come opera di difesa e, principalmente, per opporsi ai cinque forti austro-ungarici della Valle del Chiese; di dimensioni ridotte rispetto al più imponente Forte di Valledrane, fu anch’esso armato da cannoni da 146 che con ogni probabilità non entrarono mai in funzione in quanto, dopo l’entrata in guerra dell’Italia, l’avanzata dei nostri soldati verso il territorio trentino, non ebbe neppur bisogno dell’appoggio dell’artiglieria essendosi gli austro-ungarici ritirati velocemente a Nord sulla linea di Lardaro.
Dall'ampio tetto-terrazzo della fortificazione, raccordata col profilo della montagna, la vista si arricchisce ulteriormente: verso ovest, la forma a scodella della Conca di Baremone, la Cima Meghé, la Corna Blacca e il Dosso Alto; verso nord, la lunga cresta del Maniva, il Monte Frerone ed il Cornone di Blumone che sbarra la Valle del Càffaro; sotto di noi, a malapena s’intravede Bagolino con le sue case ammucchiate attorno alla grande chiesa parrocchiale e sovrastato dalla tozza sagoma del Monte Carena; verso sud, le ultime propaggini delle Prealpi bresciane e la pianura Padana oltre la quale, quando la visibilità lo consente, spiccano le cime dell'Appennino settentrionale.
Quando poco prima siamo approdati al limite meridionale del tetto della fortificazione, avremo notato il vecchio cartello in legno indicante “Piccola ferrata per Baremone Cima Breda” che potrebbe costituire un accorciatoia per continuare l’itinerario senonchè questo raccordo, dopo aver disceso la prima parte dell’impervio costone su roccioso sentierino, ci presenta una lunga e strapiombante scala metallica (installata dall'appassionato anfese Antonio Bondoni) utilizzabile solo da escursionisti esperti muniti di idonee attrezzature da ferrata.
Consigliamo dunque la via normale che consiste nel ritornare sui propri passi fino al paletto con segnalazioni (1480 m, ore 0,20-4,00) e proseguire a sinistra per il Monte Breda; in pochi minuti siamo ad un passaggio veramente suggestivo denominato Gola dell’Agré: passiamo sotto un ponte di roccia quindi, aiutati da una corda metallica su un breve passaggio esposto, transitiamo in uno stretto intaglio sul lato sinistro del quale notiamo la parte finale della citata scala che costituisce l'alternativa di discesa dal forte (più logicamente, se si desiderasse provare l’emozione del vuoto, è consigliabile risalire la scala).
Ancora un leggero saliscendi poi, ignorata la traccia a destra che termina all’estremità dello sperone erboso in corrispondenza dell’ennesima postazione militare (comunque visitabile), ci si porta sull’opposto versante settentrionale (la valle del Rio di Levràs), innestandoci sulla carrabile che, in leggera discesa, ci conduce al Roccolo di Breda, una modesta costruzione ristrutturata (1438 m, ore 0,15-4,15).
Per aggirare la proprietà privata, la segnaletica (Cima Breda-Le Pozze-Bagolino) ci indica di proseguire sulla sterrata che si abbassa con due tornanti fino ad incontrare in breve un successivo paletto in corrispondenza del quale si abbandona la forestale e si sale a destra (segn. 432-405 Le Pozze-Bagolino-Monte Suello) per riguadagnare il filo del crinale nelle immediate vicinanze dell’ex roccolo.
Con un ultimo breve strappo siamo alla deviazione per la Cima Breda, una modesta cima dove si erge una semplice croce di legno (1438 m, ore 0,15-4,30); altrettanto gratificanti le vedute panoramiche.
Dalla cima si ritorna brevemente sui propri passi fino alla deviazione e si continua a sinistra contornando l’alta Val di Bréle; la buona traccia, che data l’esposizione richiede comunque un minimo di attenzione, si insinua fra le guglie calcaree in ambiente selvaggio ed emozionante, arricchito anche qui da manufatti bellici quali gallerie e osservatori.
Progredendo nella discesa, ci verrà via via offerta un’anteprima delle varie porzioni del crinale su cui dovremo transitare e ci renderemo conto di trovarci in luoghi quantomeno unici; dopo un modesto saliscendi, intersechiamo una trincea sulla Piana dei Bandì che si discende in moderata pendenza su fondo prativo, punteggiato da radi larici e pini silvestri; alcuni paletti ci facilitano l’individuazione della direzione di marcia.
Si piega bruscamente a sinistra nel bosco (paletto) con successiva ripidissima discesa su fondo terroso; in seguito si alternano porzioni aperte e panoramiche a tratti sul versante della Val del Càffaro con viste inedite su Riccomassimo e Bagolino.
Si transita sul culmine del Dosso Tondo che si aggira sul versante Nord, si sfiora un rudere e si continua lungamente nel bosco dal quale usciamo per un’ulteriore tratto di cresta sulla quale intersechiamo il segnavia 405 (995 m, ore 0,55-5,25) il quale, a sinistra, scende al Ponte Romanterra presso Bagolino (paletto), mentre, diritti, prosegue col nostro itinerario.
Ci attende una rilassante discesa su comodo sentiero il quale passa accanto a due calchere (forni da calce) e sfocia nella conca prativa della cascina Le Pozze (950 m, ore 0,15-5,40) un riposante luogo circondato da abeti e betulle.
Suggeriamo la breve digressione consistente nel risalire a destra il culmine della dorsale (sbiaditi segni rossi sugli alberi) su cui è posta una croce metallica e dal quale getteremo gli ultimi sguardi sull’Eridio.
Ora si perde quota su larga mulattiera, che solo in qualche punto ci costringere a mettere in tensione i garretti, si incrocia una mulattiera pianeggiante, si passa accanto ad un trasmettitore quindi si sbocca sul piazzale della stazione di partenza della condotta che serve la centrale di Ponte Càffaro. Una scalinata in cemento ci conduce sulla sottostante strada asfaltata, in località Portico di Montesuello nelle immediate vicinanze di una fermata d’autobus (620 m, ore 0,30-6,10).